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Tutela degli animali

Interessante come una recente sentenza della Cassazione amplia il significato di tutela e protezione degli animali. La cosa è degna di considerazione seppur il caso di specie sia talmente paradossale da far apparire quasi scontata la loro decisione di confermare la colpevolezza dei "bracconieri" dei giorni nostri (ahimè ancora esistono).
Due cacciatori, abusivi, creavano una trappola per catturare qualche cinghiale e invece del cinghiale ferivano malamente il cane di proprietà di un Soggetto che, invece, ama il proprio animale e quindi denunciava il fatto. La forestale acchiappa i due e scatta il procedimento in cui vengono contestati diversi reati fra cui caccia abusiva e maltrattamento di animali. Nello specifico mi interessa quest'ultimo.

Il nostro codice penale stabilisce all'art 544 ter che "chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con multa da 5000 a 30000 euro" 

Tale disposizione, che si affianca all'art. 544 bis sull'uccisione di animali, è stata introdotta nell'ordinamento, sotto la spinta europea, con la L. 189/2004 ed ampliata dalla ratifica, operata con L. 201/2010, della Convezione Europea per la protezione degli animali da compagnia, in vigore fin dal 1992. 

La Convenzione ha ispirato attivamente gli ordinamenti europei, fino ad allora rimasti poco sensibili ai c.d. "diritti animali" nonostante grandi pensatori e filosofi del diritto (tra cui Hume e altri) avessero dibattuto molto la questione. 

Anche in Italia si è giunti a una normativa che, seppur lacunosa, copre alcune disfunzioni del rapporto uomo-animale con pene sia detentive che pecuniarie.

I presupposti per l'applicabilità dell'art. 544 ter sono la crudeltà del comportamento e la sua gratuità, ovvero la sua non necessità, mentre i casi tipizzati sono il verificarsi di una lesione, il sottoponimento a sevizie e l'imposizione di comportamenti e fatiche non compatibili con la natura dell'animale. 

Il legislatore compie dunque un salto di qualità, considerando rilevanti ai fini della punibilità le imposizioni e le costrizioni che l'uomo opera in violazione delle "caratteristiche etologiche", termine che include non solo valutazioni sullo stato fisico ma anche sul benessere e sulla qualità della vita dell'animale.

I giudici in questo caso hanno ritenuto punibili i cacciatori anche per il maltrattamento e non solo per la caccia abusiva motivando nel senso che questi ragionevolmente dovevano sapere che nella trappola sarebbe potuto finire un animale diverso dal cinghiale. La loro condotta è stata punita in modo più grave è completo proprio sulla base di questo nuovo e sentito principio di tutela del benessere degli animali che pian pianino si diffonde nel costume sociale. 

Del resto anche per chi avesse una visione più egoistica del caso, chi si tutela in molti caso è sempre l'individuo che verosimilmente ha affetto e amore per il proprio animale e che, dunque ha anche il diritto di vedersi tutelato sotto questo aspetto, anche solo a voler considerare le nozioni basilari in materia di tutela della proprietà.



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