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Obbligo di fedeltà

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza 9 luglio 2015, n.14304 ha sancito che ai fini della violazione dell’obbligo del lavoratore di fedeltà rispetto al proprio datore, è sufficiente la "mera preordinazione" di una attività contraria agli interessi del datore di lavoro anche "solo potenzialmente" produttiva di danno.
Ciò che è peculiare di questa sentenza è più del principio in se espresso dalla consulta, la fattispecie concreta in cui esso ha trovato applicazione. Cioè i Giudici hanno ritenuto che un lavoratore ha violato l'obbligo di fedeltà e correttezza praticando uno sport che poteva astrattamente complicare le proprie condizioni di salute e, dunque, danneggiare il datore di lavoro in termini di produttività aziendale. Ciò perché il lavoratore a causa del proprio stato di salute era stato assegnato a mansioni ridotte con perdita a livello di efficenza organizzativa e produttiva. Quindi l'obbligo di fedeltà viene ampliato nella sua valenza interpretativa atteso che in precedenti giurisprudenziali si era pressoché definito che la violazione sussisteva solo quando il lavoratore subordinato avesse svolto attività in favore di terzi ed a maggior ragione se operanti nel medesimo settore della società datrice di lavoro, ciò a prescindere del contenuto dell'attività lavorativa.
Del resto questa sentenza è coerente con l'altra emessa dalla consulta a febbraio e nella quale la Corte ha stabilito che aveva violato l'obbligo di fedeltà nei confronti del datore di lavoro e dunque l'art 2015 c.c., il lavoratore/socio che sovente picchiava la moglie, socia della società. 
La Cassazione si attesta su un filone interpretativo per cui anche l'attività extralavorativa può essere posta in essere in violazione del l'obbligo di fedeltà e, dunque, valida causa di licenziamento.



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