Degno di condivisione è questa parte della riforma del processo civile ed in particolare della fase esecutiva del processo. Cioè la vendita coatta per soddisfare i creditori.
Si tratta del 164 bis della legge 162/2014, la riforma della giustizia civile appunto, il quale dispone chiaramente che quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilita' di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, e' disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.
Dunque, il creditore resta insoddisfatto e il processo esecutivo si estingue per eccessi di ribasso che comportano un deprezzamento del valore del bene.
In altri termini ancora più semplici, la riforma ha previsto che, dopo una serie di ribassi di asta, se il prezzo battuto come base per l’esecuzione forzata dell’immobile si discosta troppo dall’effettivo valore di mercato, il giudice deve disporre la chiusura anticipata del processo esecutivo.
Dunque, il creditore, dopo aver anticipato gli elevati importi per le spese di pignoramento, ed aver atteso diversi anni nella speranza di recuperare il proprio credito, deve dire addio alla procedura e tornare a casa con le tasche vuote?Non è proprio così. Perché da molti la legge è considerata irretroattiva e quindi si applicherebbe solo alle procedure attivate dal 11 novembre 2014.
Ad ogni modo l'innovazione normativa trova la propria ratio sulla tutela un principio cardine del diritto secondo cui la compressione della proprietà del debitore non può spingersi al punto di violare i suoi diritti della persona.
Cosa che avviene quando, a causa dei ripetuti ribassi, il bene viene venduto all'asta ma per un prezzo talmente basso da non coprire neppure il debito.
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