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Platone e il diritto

Come sempre nei giorni di festività, adoro leggere. Rileggendo la visione filosofica del diritto nel periodo greco-classico, mi imbatto in Platone e rifletto su quanto bella fosse la sua teoria. Beh quasi tutte le teorie filosofiche sono interessanti perché teoriche disancorate dalla realtà e perché permettono un po' di far fluire così i pensieri. Ma l'idea di Platone o meglio una frazione della sua idea è davvero geniale. Nella sua teoria di comunità perfetta sostiene che il fondamento di questa comunità è la giustizia. Sostiene che la comunità perfetta dovrebbe essere divisa in tre classi: governanti (caratterizzati dalla saggezza), guerrieri (cui peculiarità è il coraggio) e cittadini-lavoratori (dotati di temperanza). Sarà  unito e giusto lo stato nel quale ogni individuo attenda al cómpito che gli è deputato e abbia quel che gli spetta, in proporzione.
 I ruoli in una comunità sono tanti: l’importante è che ognuno scelga il più adatto alla propria costituzione caratteriale e vi si dedichi. L’appartenenza ad una o ad un’altra classe è dettata, nello stato platonico, da fatti antropologico-psicologici, cioè dalla prevalenza nella psyché del singolo della parte razionale (governanti), concupiscibile (lavoratori) o irascibile (guerrieri), ovvero dalle qualità individuali. Non esistono le caste nella sua visione. E neppure la genetica, l'ereditarietà.
Platone distingue nell'uomo tre parti: la parte razionale, che è quella per cui l’anima ragiona e domina gli impulsi, la parte irascibile che lotta per ciò che la ragione ritiene giusto, la parte concupiscibile che è il principio degli impulsi corporei.
Per Platone, la divisione degli individui in classi-funzioni non dipende da un fatto ereditario, ma da un fatto antropologico e psicologico, ossia da come si è uomini. Nell’ideale città di Platone, gli uomini si distinguono non per diritti di nascita ma per differenti attitudini naturali.



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