Sostengono i Giudici che con la stipulazione del contratto preliminare di compravendita, se le parti convengono la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi.
Nella loro ricostruzione, a prescindere della volontà delle parti, è sempre il contratto definitivo a produrre l’effetto traslativo reale che è il trasferimento del diritto materiale sulla cosa oggetto di vendita.
La Corte di Cassazione motiva questa conclusione in quanto ritiene che la disponibilità materiale sul bene, conseguita dal promissario acquirente, a prescindere dalla reale intenzione delle parti, si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare.
Questa parte rappresenta l'aspetto creativo della sentenza. Infatti nella prassi quando fra le parti si stipula un preliminare con contestuale trasferimento del possesso, le parti non pensano ad un comodato bensì ad una anticipazione propria degli effetti traslativi dell'operazione commerciale, con ogni probabilità compensata da una cospicua somma ad anticipo rispetto al saldo da corrispondere alla conclusione del contratto definitivo.
Per i Giudici, però, la relazione con la cosa è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso da parte del promissario acquirente. Ciò in quanto la relazione con la cosa stessa, è esercitata dal promissario acquirente nel proprio interesse, ma in assenza dell’animus possidendi.
A prescindere che questo tipo di interpretazione sia stata adottata in un caso specifico per evitare che si formasse usucapione, laddove probabilmente non ne ricorrevano i presupposti, è importante sapere che la stessa interpretazione potrebbe usarsi anche in altri casi concreti.
Quindi senz'altro utile risulta specificare nel contratto preliminare la reale intenzione e volontà delle parti in proposito. Vale a dire esplicitare se vogliono affiancare al preliminare gli effetti di un comodato ovvero anticipare gli effetti traslativi del successivo contratto definitivo.
Viceversa, se sorge questione fra le stesse parti, potrebbe rendersi necessaria la prova, detta diabolica (e se si chiama così un motivo c'è), di un’intervenuta interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141 c.c. nel periodo di riferimento.
In conclusione, se le parti si sono limitate a stipulare un mero contratto preliminare, senza alcuna specificazione in merito alla loro reale volontà, la consegna del bene al promissario acquirente non determina l’acquisto del possesso, bensì della mera detenzione. Conseguentemente, in mancanza della prova di una sopravvenuta interversione del possesso, non è possibile per il promissario acquirente far valere il possesso utile a fini pratici, fra i quali fini rientra l'usucupaione ma non solo.
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