I giudici di merito in una recentissima sentenza (il Tribunale di Roma), hanno rafforzato quello che ormai sembra essere l'orientamento maggiore sull'interpretazione delle norme che regolamentano l'attività del mediatore. Spesso infatti il mediatore si limita a verbalizzare, all'esito dell'incontro fra le parti, che queste non sono disponibili a conciliare, senza entrare nel merito delle motivazioni del rifiuto. I Giudici, sembra, non tollerino più il sistema creato dalla prassi e che si basa, sostanzialmente, su una implicita volontà di destituire di valore giuridico lo strumento deflattivo della mediazione.
Sostengono i Giudici che, “una corretta verbalizzazione da parte del mediatore delle circostanze che attengono a segmenti del procedimento di mediazione e che, a vario titolo, rilevano e si riverberano nella causa, sia doverosa e necessaria”.
L’ordinanza in commento chiarisce le incertezze circa l’obbligatorietà o meno della verbalizzazione delle circostanze negative rispetto ad una possibile conciliazione, in luogo del semplice rifiuto al prosieguo delle trattative nel giudizio di mediazione.
Nello specifico, la controversia aveva ad oggetto una richiesta di risarcimento danni subiti da un privato a seguito di un trattamento estetico.
Il Magistrato, dopo una breve istruttoria, disponeva la mediazione con ordinanza, ma le parti non davano effettivo corso a quanto stabilito dal Giudice, disertando il procedimento deflattivo ed affidandosi ad una mera dichiarazione di rifiuto all’incontro.
La pronunzia in discorso prende le mosse da un’interpretazione letterale delle norme in commento (in particolare l’art. 5, comma 2 bis, Dlgs 28/2010) e sostiene che dal tenore della norma sembrerebbe che, laddove le parti neghino la possibilità di iniziare la procedura di mediazione perché non c'è intento mediatorio, il procedimento si possa ritenere concluso e la condizione di procedibilità giudiziale si può ritenere realizzata.
Tuttavia a parere di questi Giudici appare un “perfetto ossimoro” affermare di aver svolto la procedura di mediazione sulla sola base di una semplice dichiarazione negativa/rifiuto a parteciparvi. Si lascia intendere che la suddetta dichiarazione si rivela una sorta di “scappatoia” giuridica utile al solo fine di ottenere la procedibilità del giudizio.
“In mancanza di qualsiasi dichiarazione della parte”, continua il Magistrato “sulla ragione del rifiuto di proseguire nel procedimento di mediazione, tale rifiuto va considerato non giustificato”.
Quindi le conseguenze di tale ingiustificato rifiuto di procedere alla mediazione sono equiparabili alla mancanza totale di partecipazione alla mediazione.
Invero la mera informativa sulla possibilità di esperire il giudizio deflatorio, “nulla ha a che vedere con lo specifico merito della controversia insorta tra le parti”.
Questo orientamento ha non poche conseguenze. Prima fra tutti quella che nel caso in cui si verifichi quanto sopra, la condizioni di procedibilita si ha per non esperita con la conseguenza che non si entra nel merito della questione è si rigetta la domanda attorea.
Infatti è proprio la parte che ha interesse al processo ed alla decisione nel merito che dovrebbe interessarsi alla analitica verbalizzazione da parte del mediatore sulle ragioni dell'impossibilità conciliativa.
Ciò proprio per evitare di veder paralizzata la propria attività processuale svolta fino a quel momento ed anche per evitare di essere condannata al pagamento delle spese processuali.
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