Passa ai contenuti principali

[Ultimo articolo dell'anno] Licenziamento per profitto d'azienda.


Può un datore di lavoro licenziare un dipendente, per esigenze di riorganizzazione aziendale ?

Può farlo solo perché vuole aumentare i profitti d'impresa ? A quali condizioni ?

A sentirla qualche anno fa, una o due domande del genere, si sarebbe urlato allo scandalo. E chiunque avrebbe risposto un NO secco ed anche non poco stizzito da cotanto oltraggio nel porla.




Insomma siamo cresciuti in ambienti di diritto in cui il datore di lavoro ha quasi sempre torto quando licenzia e viceversa il buon lavoratore ha diritto ad una tutela blindata del posto di lavoro. 
Imprenditori e datori di lavoro prostrati da una normativa rigida e fissa che bloccava qualunque forma creativa che in qualche modo potesse sfiorare qualche certezza lavorativa di un dipendente, che nel frattempo, si crogiolava nelle sue beate certezze da "posto fisso" scordandosi anche di fare gli interessi del capo dell'impresa.



Adesso tutto cambia e di certezze non ne esistono più neppure per i posti di lavoro "fissi".
Cambia la tendenza, il mercato ed anche la prassi ed i giudici non fanno altro che recepirne gli effetti, dirottando il cambiamento sul modo di interpretare le norme in materia di lavoro e contratti.

Adesso Vi rispondo alle prime domande, cercando di trasferirVi il senso dei nuovi e recenti interventi della giurisprudenza in materia.

Prendiamo il caso (recentemente verificatosi e sul quale alla fine di questo mese è intervenuta la Cassazione) di un dipendente licenziato perché l'azienda dove lavorava voleva snellire i propri processi operativi e gestionali ed intendeva, così, riorganizzarsi anche al fine di aumentare il profitto.

Qui le tesi contrapposte erano due.

1) il licenziamento è legittimo perché giustamente motivato dall'esigenza tecnica di rendere più snella la catena di comando e quindi la gestione aziendale.

2) il licenziamento è illegittimo in quanto non sussiste alcuna necessità economica ovvero eventi sfavorevoli per l'impresa stessa. Non sarebbe sufficiente, secondo questa ultima tesi,  la volontà imprenditoriale della riduzione dei costi e quindi la volontà di incrementare il profitto, scissa da esigenze economiche.

Entrambe le tesi, più o meno, vengono accolte dai giudici ma sempre più importanza riveste l'art. 41 della Costituzione che prevede la libera iniziativa economica dei privati.

se l'attività dei privata è libera, deve esserlo anche la possibilità di organizzarla al meglio, snellendo processi aziendali produttivi ovvero gestionali, anche se questo dovesse rendere necessaria la riduzione del personale.

Ma qui il punto è questo. O meglio la domanda da porsi sempre è questa.

📌 sussiste davvero ed è dimostrabile, la ragione invocata dall'azienda per giustificare il licenziamento ? Cioè il licenziamento è davvero necessario al fine di riorganizzazione aziendale ?

🎓esiste il nesso di casualità tra i due eventi: licenziamento=riorganizzazione e aumento profitti ?

Ne più ne meno del processo logico che si fa nel caso di licenziamento per motivi economici

Seguendo questo iter logico-giuridico,

📜✒️la Cassazione ha ritenuto che non sia necessario essere in presenza di una crisi aziendale, un calo di fatturato o bilanci in rosso per procedere a un licenziamento. 

Conclusioni.

Il provvedimento di licenziamento può essere giustificato anche dal fine di migliorare l'efficienza di impresa, dalla esigenza di sopprimere una posizione non più utile nel nuovo assetto organizzativo, oppure anche per adeguarsi alle nuove tecnologie.

Vi lascio con alcuni esempi di motivi validi di licenziamento ?

Ok. Ve ne indico qualcuno.

📌necessità di una nuova figura professionale nel nuovo assetto aziendale; l'impossibilità di reimpiegare una risorsa in altra mansione; la variazione dell'oggetto sociale dell'impresa.

‼️Condizione necessaria: la valutazione preliminare sulla sussistenza del collegamento, del nesso causale tra le esigenze aziendali ed il licenziamento.


Se vuoi maggiori informazioni vista il mio sito oppure FOLLOW ME ON FB



💥💥💥💥💥💥💥💥💥💥💥💥💥💫💫💫💫💫💫💫💫💫💫💫💫💫
Buon Anno che verrà 
...i vostri propositi diventino realtà 






Commenti

Post popolari in questo blog

Affido condiviso e collocazione prevalente dei figli

Faccio sempre un poco di fatica quando devo spiegare ai miei clienti cosa sia il collocamento prevalente di un figlio presso uno solo dei genitori. Sopratutto quando difendo un uomo-papà. Mi chiede subito, il papà-cliente? " ma che vuol dire.   Io sapevo che ormai i figli vengono affidati ad entrambi i genitori i quali partecipano al cinquanta percento alla crescita, educazione ed anche mantenimento dei figli. Che vuol dire che mio figlio potrebbe essere collocato prevalentemente presso la madre ?"  Anzitutto chiariamo prima: >>> cosa significa "collocamento" prevalente di un figlio presso uno solo dei genitori? Significa che l'affidamento del figlio sarà condiviso fra i genitori ma lo stesso risiederà stabilmente presso uno di essi, il prescelto.  Quindi il genitore collocatario avrà l'affidamento del figlio in percentuale maggiore rispetto all'altro. Quest'ultimo potrà vedere il figlio, ad esempio, un paio di giorni a settimana...

Figli e figliastri ?? Rientra dalla finestra la differenza di trattamento?

" Avvocato il mio ex partner, costantemente e continuamente, mi versa un mantenimento più basso di quello stabilito dai giudici" Fino a pochi giorni fa, fra i tanti rimedi prospettabili, era ricompreso anche uno strumento, abbastanza incisivo e da usare in ultima istanza, quando proprio non si poteva fare altrimenti. Ad esempio perché non c'era reddito certo da aggredire (tipo stipendio, affitti, rendite etc). Questo strumento è previsto dall'art 3 della legge sull'affido condiviso (la 54/2006) che rinvia alla procedura attivabile in caso di violazione dell'articolo 570 2^ comma del codice penale. Tale norma  prevede la punibilità di chi fa mancare i mezzi di sostentamento economico e morale verso i figli ovvero verso il coniuge. Il reato si aggrava se c'è già una sentenza che stabilisce un onere contributivo nell'esatta quantificazione. Perché dico fino a qualche tempo fa? Perché adesso mi toccherà prima chiedere: " Siete sposati op...

Come tutelarti nel mercato libero luce e gas

Si chiamano  reclami  quelle comunicazioni che il cliente rivolge al venditore per lamentare un mancato rispetto: - delle norme vigenti; - delle condizioni contrattuali; - del regolamento di servizio per quanto riguarda il servizio ricevuto.  In caso si verifichi una di queste mancanze infatti il cliente può presentare reclamo scritto  tramite modulo precompilato reperibile # presso sito internet del fornitore # presso eventuali sportelli di tutela consumatori. il reclamo dovrà contenere: @ i dati identificativi del cliente che lo espone; @ il servizio di fornitura al quale si riferisce; @ il codice POD ( energia elettrica ) o PDR ( gas ) del contratto di fornitura. ??? Sapevate che...???  La risposta del venditore dovrà fornire al cliente una motivazione formulata in termini CHIARI per facilitarne la comprensione. Dovrà riportare il riferimento al reclamo scritto, le informazioni contrattuali, ed eventualmente le indicazioni s...