Passa ai contenuti principali

LA CASA CONIUGALE PUO' ESSERE CONDIVISA FRA I CONIUGI.

È possibile l'assegnazione solo di una parte della casa familiare ?

In altre parole, è ipotizzabile che la casa coniugale venga condivisa fra i coniugi separati ? E quando?

La domanda non è retorica nè tantomeno la risposta può dirsi scontata, perché la questione riguarda alcuni casi davvero difficili nel concreto da gestire. Il tipico caso di una coppia di coniugi che fissa la residenza coniugale nell'immobile di proprietà esclusiva di uno di essi.
Se subentra crisi matrimoniale e poi separazione tra gli stessi coniugi, la casa familiare verrà assegnata al coniuge affidatario dei minori, presso il quale si stabilisce la loro principale permanenza.
Quindi se è vero che ormai vige il principio dell'affido condiviso dei figli ai genitori separandi è altrettanto vero che la residenza prevalente per gli stessi minori viene stabilita presso uno solo dei genitori il quale, appunto, viene definito nella prassi "collocatario". 

Ciò che si verifica quindi nella concretezza del quotidiano è che il coniuge collocatario dei figli resta nella casa coniugale mentre l'altro, anche se proprietario esclusivo dell'immobile, dovrà trovarsi altra sistemazione.

Anche se la questione può essere percepita come ingiusta è d'obbligo sottolineare che la scelta di ledere il diritto di proprietà esclusiva del coniuge deriva dalla necessità di tutelare un interesse di ordine superiore, quale appunto quello dei minori a mantenere la residenza presso l'ambiente familiare e domestico e non subire traumi dovuti all'allontanamento improvviso dallo stesso.


La Cassazione ha offerto una risposta nuova ad una casistica come quella sopra descritta, in quanto ha statuito che è possibile limitare l'assegnazione della casa familiare ad una porzione dell’immobile, di proprietà esclusiva del genitore non collocatario, purché il grado di conflittualità coniugale sia lieve o addirittura inesistente.
Aggiungo che tale scelta sarà concretamente possibile ed effettivamente eseguibile, solo nei casi in cui l'immobile si presti alla condivisione e quindi sia dotato di spazio a sufficienza ovvero suddiviso in piani.

Pertanto, anche nell’ipotesi di pregressa destinazione a casa familiare dell’intero fabbricato, esiste la possibilità dell’assegnazione parziale anche al genitore non affidatario. 
Ciò sarà possibile al ricorrere di due presupposti:


- il grado di conflittualità esistente fra i coniugi deve essere lieve, o meglio, inesistente;
- l'assegnazione parziale al genitore non affidatario deve corrispondere all’interesse dei minori.

Il senso è che la decisione sulla possibilità di assegnare una parte limitata dell’immobile dovrebbe tutelare ed agevolare, in concreto “la condivisione della genitorialità e la conservazione dell’habitat domestico dei figli minori”.

Tale decisione risulta perfettamente aderente alla giurisprudenza dominante, secondo la quale l’art. 155 quater c.c. tutela “l’interesse prioritario della prole a permanere nell’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare”.


La descritta fattispecie e relativa risposta dimostra come la giurisprudenza prevalente sia sempre più orientata a tutelare meglio quelle situazioni in cui i coniugi riescono a gestire la separazione in maniera quanto più equilibrata e pacifica possibile.

Del resto esistono istituti legali fondamentali nella gestione della crisi matrimoniale, come ad esempio la mediazione familiare, i quali rappresentano un validissimo strumento da utilizzare prima di accedere alle aule di giustizia.

Se hai bisogno di informazioni più specifiche al riguardo puoi andare al mio sito dove troverai anche la sentenza in questione che potrai liberamente scaricare. Potrai contattarmi attraverso i modi che ho indicato nella apposita sezione CONTATTI.







Commenti

Post popolari in questo blog

A chi spetta il rimborso per Sisma '90 ?

Ad aprile ho pubblicato un post intitolato "il grande bluff" ( Articolo ) dove spiegavo i miei dubbi sulla concreta operatività della legge di stabilità in merito alla restituzione del 90% delle imposte, pagate per il triennio 90-92, dai contribuenti/dipendenti delle province colpite dal terremoto del 13 dicembre 1990, cioè Ragusa, Siracusa e Catania. Ricordate? Ad ogni modo lo riposto. I dubbi non solo erano fondati ma erano anche pochi. Nel senso che i dubbi su concentravano solo sui criteri di assegnazione somme e sull'esiguità  dello stanziamento, non di certo sulla sostanza della norma e cioè sul fatto che quei rimborsi spettassero ai contribuenti/dipendenti. Davo per scontato che la norma fosse stata introdotta per riequilibrare le posizioni fra liberi professionisti e dipendenti nel rispetto degli orientamenti giurisprudenziali di grado superiore. Invece no. Ho cominciato a nutrire seri sospetti sull'effettiva volontà ministeriale di definire bonari

Obbligo di fedeltà

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza 9 luglio 2015, n.14304 ha sancito che ai fini della violazione dell’obbligo del lavoratore di fedeltà rispetto al proprio datore , è sufficiente la "mera preordinazione" di una attività contraria agli interessi del datore di lavoro anche "solo potenzialmente" produttiva di danno. Ciò che è peculiare di questa sentenza è più del principio in se espresso dalla consulta, la fattispecie concreta in cui esso ha trovato applicazione. Cioè i Giudici hanno ritenuto che un lavoratore ha violato l'obbligo di fedeltà e correttezza praticando uno sport che poteva astrattamente complicare le proprie condizioni di salute e, dunque, danneggiare il datore di lavoro in termini di produttività aziendale. Ciò perché il lavoratore a causa del proprio stato di salute era stato assegnato a mansioni ridotte con perdita a livello di efficenza organizzativa e produttiva. Quindi l'obbligo di fedeltà viene ampliato nella sua va