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Assegno postdatato nullo nella sostanza ovvero solo rispetto alla postdatazione ?

L’assegno postdatato consegnato a garanzia del debito è valido? 


Nella prassi degli scambi commerciali capita molto spesso che venga offerto, da chi acquista a chi vende "a copertura" del debito, un assegno riportante una data posticipata, di settimane ed alle volte anche mesi.
Si tratta di una garanzia da sempre accettata dai fornitori in quanto, per certi versi, sicura e affidabile. Infatti giunti alla data prestabilita, presentando il titolo presso l'istituto di credito emittente, si dovrebbe incassare la somma portata dal titolo. Il motivo per cui dico "dovrebbe" lo si capirà dalla lettura del post ma anticipo che tutto è relativo alla correttezza che le parti del rapporto manterranno nella esecuzione del contratto.
 Il motivo di affidabilità sta, sopratutto, nelle conseguenze negative che si verificherebbero per il debitore, qualora non rendesse disponibile la somma portata dal titolo entro la data riportata nel titolo. In questi casi, infatti, il titolo verrà protestato con tutte le ripercussioni negative che il protesto crea per un imprenditore, il quale vedrà azzerare la fiducia nei suoi confronti da parte delle banche e, conseguentemente, non potrà più accedere al credito finché non ripulirà la propria situazione finanziaria.
Quanto sopra, seppur a grandi linee, permette di intendere il motivo per cui la "garanzia" dell'assegno postdatato è una delle più difficili da sradicare nelle prassi di mercato.

E veniamo alla questione di oggi che poi è anche quella trattata dalla sentenza della Cassazione emessa il 24 maggio 2016 (vedi la sentenza nella sezione "contratti") .
 I Giudici hanno sancito che il patto tra creditore e debitore, con cui quest’ultimo conferisce al primo un assegno postdatato, a garanzia di un futuro pagamento, è nullo nella sostanza e non solo con riferimento alla postdatazione.

Il caso concreto riguardava un decreto ingiuntivo emesso sulla base di un accordo transattivo stipulato tra creditore e debitore. A garanzia dell’adempimento dell’accordo, il debitore emetteva nei confronti del creditore  un assegno postdatato, da riscuotersi in caso di mancato adempimento.

Il debitore rproponeva opposizione al decreto ingiuntivo, chiedendo la revoca del decreto e rilevando che “l’emissione  di un assegno postdatato in garanzia è contraria alle norme imperative di cui agli artt. 1 e 2 del R.D. n. 1763/1933, con conseguente nullità del patto di garanzia”.

Il Tribunale competente di primo grado respingeva l’opposizione.

 In seguito al ricorso in appello, la Corte competente ha ritenuto che la postdatazione non rende nullo il titolo in sé ma solo il patto di post-datazione. Accoglieva così l'appello rigettandole eccezioni e le richieste dell’opponente/debitore

Veniva così  proposto ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso applicando il principio di legittimità, secondo il quale l’emissione di un assegno in bianco o postdatato - utilizzato a scopo di garanzia - è contrario alle norme imperative contenute nel r.d. del 21 dicembre 1933 n. 1736  e “dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti”.
Di conseguenza, in relazione a tale assegno, deve ritenersi nullo il patto di garanzia in toto e valida la promessa di pagamento.
Questo significa che il creditore dovrà accedere ad un giudizio ordinario per vedere accertato il proprio diritto di credito. Ovviamente tutto il contrario della speditezza e velocità di soddisfazione della pretesa creditoria che discende automaticamente dai titoli di credito regolari, cioè non postdatati.
Nello specifico sarebbe da valutare anche il profilo di responsabilità contrattuale del debitore nella esecuzione contrattuale, in quanto il proprio inadempimento presenta l'ulteriore aspetto della "mala fede" e della scorrettezza nei rapporti commerciali.

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