Passa ai contenuti principali

Quando il medico è responsabile ?

Una pietra miliare la sentenza delle sezioni unite della Cassazione Civile resa a fine dicembre 2015 sul contrasto giurisprudenziale su un tema molto dibattuto più che per gli aspetti etici - filosofici, per altri aspetti molto più concreti e pragmatici.
In sostanza l'organo supremo della magistratura, che ha il compito di garantire l'uniforme interpretazione delle norme, ha statuito che il neonato con gravi malformazioni (nella specie sindrome di down), seppur diagnosticabili dalla moderna scienza medica, non ha diritto ad alcun risarcimento.
I giudici di grado superiori fin'ora erano prevalentemente attestati sulla spettanza di un risarcimento al nascituro con malformazioni a patto che queste fossero diagnosticabili con un adeguato grado di certezza scientifica ed in tempi utili al fine di garantire ai genitori la libera determinazione di interrompere la gravidanza.
Tale interpretazione non era fornita in virtù di scelte etiche ovvero filosofiche, bensì rifletteva  la normativa nazionale. Questa, invero, poneva maggiore attenzione alla necessità di fornire tutela economica adeguata al neonato considerato come individuo sopratutto in una visione futuristica dei suoi bisogni.
Il legislatore ha dunque valutato con maggiore rigore la responsabilità del medico il quale doveva espletare la propria professione con un grado di diligenza pari a quella di un vero professionista, nel particolare con competenza specifica ed adeguata alle tecniche moderne di indagini e diagnosi prenatali. Questo tipo di competenza includeva anche la necessità di rivolgersi a strutture esterne, nazionali e non, per effettuare esami specifici qualora il professionista non avesse la dotazione tecnica presso il proprio studio medico.
La minuziosa attenzione alla diligenza e competenza specifica del professionista da parte del legislatore sfociava in norme più "garantiste" nei confronti degli individui, sopratutto in considerazione dell'assenza ovvero precarietà del sistema sanitario nazionale, il quale  non è idoneo a supportare famiglie con disabili gravi. Ragione per cui l'indennizzo risarcitorio era più un sostegno per le innumerevoli spese di riabilitazioni da affrontare in corso di vita che un risarcimento vero e proprio.
Recenti interventi normativi hanno ridimensionato di molto la categoria di responsabilità medica, ritenendo responsabili solo i medici i quali nell'espletamento del mandato hanno fatto errori grossolani quasi da apparire dolosi cioè intenzionalmente dannosi.
Sembra quindi che nello specifico le sezioni unite della Cassazione lungi dall'affrontare definitivamente una questione etica o morale, si siano limitate ad accogliere ed espandere la nuova normativa più "garantista" per i medici.
Nello specifico è stato negato il diritto al risarcimento ad un neonato affetto da sindrome di down. La mancata diagnosi precoce della sindrome di down è stato l'esempio tipico ed accademico di responsabilità medica. Non lo è stata per caso ma per un motivo di oggettività della colpa grave in questa fattispecie. Specifici esami ematici ed ecografici rivelano la malformazione in epoca precoce della gestazione, tale da permettere ai genitori una libera scelta in merito al proseguimento o meno della gravidanza.
Quindi il dubbio è sostanzialmente questo. Se il mancato accertamento di questa malformazione non integra gli estremi di colpa grave e dunque causa di risarcimento per il nascituro, quale mancata diligenza del professionista sarà configurabile come colpa grave? Forse sarà necessario l'atteggiamento doloso del professionista il quale seppur sa tace?
Attualmente i giudici hanno fornito questa interpretazione restrittiva al massimo della nuova normativa in tema di responsabilità medica. 
Resta comunque aperta la possibilità di ricorrere, quanto meno in casoncome questi di oggettiva responsabilità, alla giurisdizione europea per una diversa visione di giustizia rispetto a quella fornita dai giudici nazionali.





Commenti

Post popolari in questo blog

[Parere legale] "Cosa posso fare per vedere mio figlio e possibilmente anche la mia compagna?"

Oggi farò una cosa diversa, più concreta e più pratica rispetto a quanto ho fatto negli altri articoli. Descriverò una richiesta di consulenza che mi è pervenuta tramite il format del  mio sito  ed alla quale ho fornito riscontro, sapendo così di condividere l'utile risposta con quanti mi chiedono, tramite mail e messaggi, suppergiù la stessa cosa. Spero che possiate percepirne il valore e che possiate orientare le Vostre azioni a prescindere dalla parte in cui Vi troviate, che sia quella del nonno, della madre ovvero del padre. Come vedrete, nello specifico, siamo in ambito di rapporto affettivo " extramatrimoniale " tra due ragazzi molto giovani che hanno messo al mondo un figlio ma che non sono ancora autonomi economicamente per cui vivono ciascuno con i rispettivi genitori. Buona lettura Buongiorno avvocato, sono padre di un bimbo di 12 mesi che vive con la mia ex fidanzata con la quale avevamo interrotto la relazione circa 4 mesi prima che na...

Continuo.

Riprendo il tema di ieri. Molto buffa è simpatica la goffa reazione del ministero dell'istruzione ai primi segnali di rivolta mediatica suscitata dai falsi moralisti un po' conservatori un po' azzeccagarbugli un pó spargi - caos. Ecco subito pronta una parziale modifica al piano di riforma scolastico. Il progetto pari opportunità sarà facoltativo! Ai genitori dunque la scelta, firmare aderendo al progetto oppure no. Così facendo manifestano quasi la flagranza di reato o almeno non sembrano proprio sicuri della propria  legge.. Ed hanno ragione perché è la solita, inutile trovata per creare mercato a qualcuno. Sicuramente però, dicevo ieri, nel governo non c'era alcun intento trasformista o riformatore di imitare quel movimento filosofico-culturale nato nel Nord America fra gli anni 70/80 poi denominati  studi di genere  o  gender studies  nel mondo anglosassone. Figurarsi se questi potessero mai prendere una strada talmente radicale! La riforma rinvia sempliceme...

Il lavoratore in malattia può andare in palestra?

Il titolo del post non è provocatorio. Tutt'altro. Rappresenta un recente principio sancito dai giudici della Cassazione e che suona così: il licenziamento è illegittimo se la causa dello stesso risiede nell'allontanamento da casa del lavoratore "malato" per esigenze diverse da motivi di lavoro. Ciò perché le incombenze extra lavorative, tra i quali anche il moderato esercizio fisico, non precludono o ritardano la guarigione e dunque il rientro a lavoro. La sentenza è interessante perché sembra stia cedendo quel rigido principio in materia di lavoro che ricollega la malattia alla necessità di restare immobilizzati a casa per paura di eventuali controlli e, dunque, sanzioni sul posto di lavoro. La maggiore flessibilità dei Giudici nello specifico riflette la convinzione che il lavoratore, sopratutto se malato, possa anzi accelerare il proprio processo di guarigione attraverso una qualche forma di attività fisica anche all'esterno. Chiaro è che tutto andrà comunque ...